Sassi. Da calciare via, inutile intralcio, da lanciare in acqua cercandone il rimbalzo sulla superficie o lo spandersi di cerchi concentrici, sassi piccoli, grandi, sassi a punta o stondati, sassi da portare a casa, ricordo di un luogo che si è amato e che si vorrebbe proprio per sempre. I sassi non valgono niente, sono inutili, o forse sono semplicemente troppi per valere qualcosa, i grandi deserti della terra sono fatti di sassi. Ma a volte i sassi possono essere bellissimi, soprattutto quando la natura si è divertita a scolpirli, forgiandoli col vento, col tempo infinito, come infiniti sono i sassi. I sassi nel mare sono ancora più belli, a seconda della forma e della dimensione possono essere ciottoli, scogli, faraglioni, isolotti, isole, o promontori, capi, lingue di roccia che affiorano appena e che solo il frangere dell'onda su di esse rende evidenti ai naviganti.
E' su una di queste lingue di roccia che ho deciso di dare ancora, è una secca scogliosa, il pericolo terribile che tutti i velisti temono e per il quale non cessano mai di controllare carte e portolani. Li consulto anch'io, mi dicono che c'è una sommità a circa un metro e mezzo ed intorno un pianoro piuttosto esteso che va dai quattro agli otto metri per poi precipitare nell'abisso. Sono all'estremita di un'isola quasi disabitata, un sasso enorme in mezzo al mare, ci sono dei ridossi ma sono troppo lontani dal punto che serve a me, a me servono sassi, sassi sul fondo. L'acqua è cristallina malgrado il mare sia piuttosto mosso, c'è più di un metro d'onda ma riesco a vedere perfettamente il pinnacolo di roccia da cui girare al largo.
Levitha |
Stasera zuppa di pesce |
A cosa serviranno questi sassi? |
Una piccola lapide per un soldato morto nel '43 |
Camminiamo alcuni minuti per raggiungere la fattoria, unica abitazione dell'isola, intorno a noi solo sassi, tanti, dappertutto, usati a migliaia per costruire lunghissimi e spessi muretti a secco, probabilmente recinti per capre e pecore. Mi sporgo oltre uno di questi muretti, oltre non vedo che altri sassi, sassi quindi che recintano sassi. Passiamo attraverso una piccola pianura, in mezzo qualcuno ha costruito un cerchio di sassi, pavimentandone l'interno con altri sassi. Mi chiedo a cosa serva o servisse, non trovo risposta, sembra uno Stonehenge greco, ai miei occhi inspiegabile e misterioso come l'omologo inglese. Proseguiamo, adiacente alla fattoria c'è un muretto di sassi con un piccolo cancello in legno, guardo oltre, alcuni uomini stanno sgozzando dei capretti. Posso?, chiedo all'anziano che osserva i giovani all'opera. Non è un bello spettacolo, mi risponde. Forse per me non è poi così brutto, replico. Già, a parte che ieri ho fatto lo stesso lavoro con la cernia, quello cui assistiamo è uno degli ultimi atti di una civiltà contadina prossima alla scomparsa, un evento normalissimo ovunque in Europa fino ad un paio di generazioni fa, prima che l'allevamento animale si trasformasse in industria e la carne fosse venduta al supermercato già incelophanata, quasi non avesse mai avuto le sembianze di un essere vivente.
Stasera abbacchio al forno |
I resti dell'antica agorà di Kos |
Le famose spugne di Kalimnos |
Di Levitha, di cui ho raccontato sopra, mi resta il dubbio se appartenga alle Cicladi, come suggerisce il portolano, o al Dodecaneso, come lasciava intendere un cartello che segnalava opere realizzate con soldi pubblici. Dopo Levitha andremo ad Amorgòs, ma prima c'è una sosta da fare, c'è un sasso strada facendo che merita proprio un visita, so già che mi piacerà, mi piacciono i sassi piccoli, o grandi, dipende sempre dal metro di paragone. Il sasso si chiama Kinaros, noi lo ribatezziamo il Cinarone, l'amaro a base di carciofo, il vocabolarietto di greco ci rivela un etimo comune. Arriviamo dopo poche miglia di navigazione un po' allegrotta, ci infiliamo in una delle due anse ridossate dal Meltemi, ma è occupata da una barca di francesi, è stretta e poi non ci piace. Giro la prua e ci infiliamo nell'altra, è piccola, un intaglio in un sasso, è molto profonda, mi addentro non senza qualche timore di sbattere su qualche scoglio sommerso, è veramente bellissima e poi c'entra una sola barca, nessuno ci disturberà. Metto la barca nel letto del vento mentre Camilla si tuffa in acqua per portare a terra le cime che terranno Piazza Grande ormeggiata in totale sicurezza. Dato che l'ancora non mi sembra aver bene agguantato il fondo, mettiamo delle cime anche a prua, con quattro dormiremo veramente sonni tranquilli.
A volte i sogni diventano realtà |
Da come racconti e scrivi (in modo pregevole) si potrebbe fare a meno di sapere se sei su di un isola di quelle affollate e turistiche oppure in uno di quei paradisi di solitudine e bellezza che tanto piacciono a te (ed a me)...comunque lo si capisce dalle sfumature e dall'enfasi della tua narrazione :)
RispondiEliminaAncora complimenti Capitano!
B.V.
Il passaggio in cui citi De Andre mi ha commossa ...
RispondiEliminabello Luciano, da pelle d'oca
RispondiEliminalevitha e' dodecanneso al dire di tutti i naviganti che hanno dimora in turchia ma io mi astengo essendo una novizia dell'egeo(considero 1 anno troppo poco per dichiararmi di casa) comunque luciano mi hai regalato tante belle letture soprattutto nell'attesa e nella prospettiva di ritornare a navigare in quei luoghi........ tra 2 giorni ormai.levitha e' nella rotta di acquacheta non emendabile un abbraccio e buon vento il mondo e' piccolo e noi saremo in egeo fino alla fine di ottobre
RispondiEliminaalessandra e d.
Chiudo gli occhi e faccio finta di stare ancora a bordo. Giusto stasera luciano stava facendo vedere le foto a un amico. Che nostalgia! Bv. Roberta
RispondiEliminaGrazie a tutti!!!
RispondiEliminagrande Luciano, contentissimo di constatare che hai realizzato il tuo sogno di cui mi parlavi durante il militare (CC).
RispondiEliminaUn abbraccio.
Marco R.
Oddio... come mi hai riconosciuto? E a dire il vero non ho capito bene chi sei... dopo 35 anni ci sta!
EliminaGrazie, ricambio l'abbraccio.