E poi è arrivata la pioggia. Non quelle quattro gocce piccole e sottili che cadono e non cadono, leggere come coriandoli che si spargono in aria, bensì un acquazzone, un temporale vero e proprio che forse segna l'ineluttabile passaggio di stagione in questo settembre inoltrato. La sento picchiettare nel cuore della notte sulla coperta, sempre più forte, mentre me ne sto ben caldo in cuccetta saldamente ormeggiato al pontile transiti del marina di Patrasso, provando un senso di protezione dagli agenti esterni che è quasi una sorta di anamnesi di vita intrauterina. Forse non è un caso che la parola barca sia declinata al femminile. A destarmi dal torpore è un pensiero che mi coglie improvviso nel dormiveglia: l'oblò del bagno, è aperto! Due forze iniziano a contrastarsi duramente in me, una che dice che tanto il bagno è controstampato, praticamente è come se fosse un pezzo unico di plastica, quindi assolutamente impermeabile, l'altra che sostiene invece che con uno sgrullone di questa portata il problema sarà presto trasferito in sentina in modo copioso.
Mi alzo rassegnato e vado a chiudere l'oblò, effettivamente se non l'avessi fatto mi sarei ritrovato a raccogliere parecchi litri d'acqua. Butto uno straccio in terra, ad asciugare penserò quando mi alzo, torno a dormire, cullato da Piazza Grande.
Lo strano porto di Trizonia |
Trizonia |
La piccola insenatura di Aghios Ioannis |
Il molo di Andikira |
L'indomani mi muovo alla volta di Galaxidhi, percorro alcune miglia tranquille nel ridosso del golfo di Andikira, poi appena metto il naso fuori, di nuovo vento sostenuto da ovest, di nuovo bolina. Non mi perdo però d'animo e con qualche ora e parecchie virate entro nella grande baia che ospita questo paesone carino e dall'aria quasi italiana. Sono le 3 del pomeriggio, non mi va di andare in banchina, non ho ragioni particolare per scendere a terra, vedo una caletta molto attraente, mi fermo per un bagno, poi all'imbrunire, schivando una pericolosissima ma ben segnalata scogliera a pelo d'acqua, mi sposto verso il porto che però è pieno. Anzi, in realtà qualche posto ci sarebbe, ma qualche furbo ha pensato bene di mettere degli spring lunghissimi occupando spazi enormi con piccole barche. Forse da qualche parte riuscirei ad infilarmi, ma c'è parecchio vento laterale, ed io, come ho detto, non ho bisogno di andare a terra, quindi rapidamente esco fuori, mi scelgo un bel punto ridossato e mi ancoro su un fondale di sabbia dove l'ancora non fatica ad agguantare. Notte tranquilla.
Lo scoglio affiorante davanti a Galaxidhi |
Il ponte di Patrasso |
1) Patrasso porta sfiga (ipotesi molto quotata);
2) sono una sega a manovrare (ma lo sarei ovunque, non solo a Patrasso);
3) manovrare in quello spazio ristretto è oggettivamente impossibile;
4) per quanto apparentemente più complicato, soprattutto da solo, andare di poppa in banchina dopo aver dato ancora, questa tiene fortemente la prua ferma, cosa che impedisce di traversarsi, a patto ovviamente di essere poi lesti a mettere in tiro la catena. Qui c'era invece il corpo morto.
Born in the USA |
In serata arriva Andrea, sistema le sue cose a bordo, poi anche per noi si fa l'ora della moussaka, con tanti saluti alla Merkel.
L'indomani percorriamo l'ultimo tratto del Golfo di Patrasso, partiamo con rotta ovest, ma in realtà non ho ancora deciso dove andremo, mi serve una sosta prima della traversata, per fare un controllo generale a Piazza Grande e anche per godere di un'ultima serata greca. Con Andrea so che non ho problemi, è un uomo di mare, del mare ha fatto la sua professione, il suo spirito di adattamento è infinitamente distante dalla necessita compulsiva di essere a sera in porto per doccia e ristorantino, in pratica sento che ho un omologo e questo mi solleva dai doveri che spesso sento di avere nei confronti di passeggeri meno abituati a navigazioni prolungate o impegnative. Insomma, intanto si va a ovest, si asseconda il vento se c'è, se ce n'è poco si va piano, se non ce n'è affatto ci si ferma e ci si riposa. Salpiamo nel primo pomeriggio, bordeggiamo un po' e verso mezzanotte siamo nei pressi di Oxia, un'isoletta carina e disabitata vicina ad una grossa baia sabbiosa dove potremmo passare il resto della notte. Ti va di vedere un posto da sogno? Certo che mi va!, risponde Andrea. E allora tiriamo dritto ancora qualche ora, riposeremo all'arrivo. Aggiusto la rotta sull'autopilota e mi gusto la navigazione by night, alle cinque diamo fondo a Kastos, poi ci concediamo un meritato sonno.
Il sole è già alto quando apro gli occhi, non ho dormito molte ore ma le ho dormite bene, caffè, biscotti, Andrea ci mette pure un po' di latte, salpo l'ancora e ce andiamo a Kalamos, l'isola che ho visitato l'anno scorso e m'è rimasta nel cuore. Come ho scritto più volte, le isole che piacciono a me sono piccole e tranquille, poco frequentate dal turismo e soprattutto per niente frequentate dal turismo caciarone, sono posti dove si va per amore del posto, delle persone che lo abitano e dell'atmosfera che vi si respira. Kalamos ha un piccolo nucleo abitato non particolarmente bello nè curato, ma ha un porticciolo che è un ricamo e l'aria fantastica dell'isola isolata per davvero. Nel porto di Kalamos c'è George, è lui che prende le cime alle barche che entrano, si sbraccia, le chiama, si adopera al meglio di sè. Poi, ultimata la manovra, dice serafico: Benvenuto, come ti chiami? Io mi chiamo George e casualmente ho un ristorante proprio qui sul molo, se stasera hai voglia vieni a trovarmi, altrimenti va bene lo stesso. Come si fa a non andare, a non accettare una proposta tanto cortese e distante dai taglieggiamenti cui è abituato il diportista italiano? Quando gli passo le cime, mi riconosce: sei l'italiano con la bandiera belga. Non nascondo il mio piacere nell'essere stato riconosciuto, gli chiedo come va e com'è andata la stagione, poi gli dico tenermi un tavolo per stasera, la lampuga che abbiamo preso arrivando qui ci aspetterà in frigo fino a domani. Pomeriggio di lavori, controllo e rabbocco dell'olio al motore, rattoppi alla randa, ormai ridotta veramente male nella parte superiore, sistemazione generale della barca per la traversata che ci attende, che non sarà breve e potrebbe anche non essere facile.
Alle 8 di sera siamo con le gambe sotto un tavolo della taverna di George, un cameriere ci porta il menù, iniziamo a sfogliarlo, poi vedo George e lo chiamo: cosa ci consigli? Mi toglie il menù di mano, richiama il cameriere e gli dice di declinarci i piatti del giorno. Scegliamo i calamari alla brace e dopo un po' ne arrivano due giganti per ciascuno. Pancia mia fatti capanna, sono squisiti! Qualche contorno per rifinire il pasto, qualche birra per accompagnare il tutto... ecco, forse con le birre esageriamo un po', torniamo in barca con passo non proprio rettilineo, ma va bene così, è l'ultima sera, ce lo possiamo concedere. Già, è l'ultima sera, l'ultima cena, nessuno tradirà dopo il pasto e il conto di George è assai meno di trenta denari, la passiamo in allegria, non c'è modo migliore di salutare la Grecia che per qualche mese è stata casa mia. Kalamos è forse il posto migliore per partire, per andarsene con un pizzico di bellezza nel cuore, con il sorriso di George negli occhi, con il sapore dei suoi calamari ancora sul palato, con l'eco del mare che lo sciabordio mi fa risuonare nelle orecchie quando mi addormento in cuccetta. Ciao Grecia, domani ti lascio, ma torno sicuramente da te.
Ancora rattoppi! |
Il porticciolo di Kalamos con la taverna di George |
Alle 8 di sera siamo con le gambe sotto un tavolo della taverna di George, un cameriere ci porta il menù, iniziamo a sfogliarlo, poi vedo George e lo chiamo: cosa ci consigli? Mi toglie il menù di mano, richiama il cameriere e gli dice di declinarci i piatti del giorno. Scegliamo i calamari alla brace e dopo un po' ne arrivano due giganti per ciascuno. Pancia mia fatti capanna, sono squisiti! Qualche contorno per rifinire il pasto, qualche birra per accompagnare il tutto... ecco, forse con le birre esageriamo un po', torniamo in barca con passo non proprio rettilineo, ma va bene così, è l'ultima sera, ce lo possiamo concedere. Già, è l'ultima sera, l'ultima cena, nessuno tradirà dopo il pasto e il conto di George è assai meno di trenta denari, la passiamo in allegria, non c'è modo migliore di salutare la Grecia che per qualche mese è stata casa mia. Kalamos è forse il posto migliore per partire, per andarsene con un pizzico di bellezza nel cuore, con il sorriso di George negli occhi, con il sapore dei suoi calamari ancora sul palato, con l'eco del mare che lo sciabordio mi fa risuonare nelle orecchie quando mi addormento in cuccetta. Ciao Grecia, domani ti lascio, ma torno sicuramente da te.
Atmosfere intime e rilassanti, considerazioni sagge e condivisibili, peccato che il tuo viaggio stia per concludersi con il rientro in Italia, mi mancheranno i tuoi post "Greci" :)
RispondiEliminaB.V. e tranquilla traversata Capitano
Evviva la straordinaria gentilezza dei greci........................hai ragione!
RispondiEliminabello bello bello bello e ancora bello
Bravo Luciano
BV Pietro
questo post e' forse il racconto che mi e' piaciuto piu' di tutti. non importa dove si va, ma come ci si va anche i luoghi apparentemente piu' squallidi ci appaiono bellissimi se ci arriviamo, stanchi, dopo una bella e lunga navigazione e anche le persone, per i greci e' in genere facile, ci paiono tutte piu' gentili bravo luciano, penso che ti sia fatto una bellissima esperienza, che ripeterai sicuramente, ma questa avra' nei tuoi ricordi un sapore tutto particolare. con affetto, da lipsi
RispondiEliminaalessandra di acquacheta
Grazie ragasssssiii!
RispondiElimina