Le antiche carte dei corsari
portano un segno misterioso,
ne parlan piano i marinari
con un timor superstizioso.
(F. Guccini, L'isola non trovata)
portano un segno misterioso,
ne parlan piano i marinari
con un timor superstizioso.
(F. Guccini, L'isola non trovata)
A volte giochiamo a farlo, perché chi va per mare ha sempre un pizzico di romanticismo nel cuore ma, nel momento della verità, l'uomo del terzo millennio pondera le sue scelte sui fatti dimostrabili e sulla conoscenza scientifica, giammai sulla superstizione. Men che mai un razionalista come me. Cos'è mai allora, mi chiedo, quella strana cosa che vedo delinearsi lontano, in controluce, su questo mare deserto di imbarcazioni e liscio come l'olio? Un tratto in cui secondo la carta nautica non dovrebbe esserci nient'altro che acqua.
Atmosfere danubiane |
Visioni |
Danubio, poco oltre l'ingresso |
Sulina, la chiesa sull'argine |
Memento mori |
Calafatando |
A vela nel grande fiume |
Un ormeggio difficile |
«Resta pure qui» mi dice Daniel, così si chiama il tale che mi ha aiutato, «vedrai che stasera i barchini si fermano e tutto diventa tranquillo».
Io mi chiedo invece come diavolo farò domani, o quando sarà, a lasciare quest'ormeggio, perché con la corrente così forte, appena mollo lo spring che mi tiene, in un attimo sono addosso alle barche alla mia poppa. Nel frattempo, per non sbagliare, invito Daniel a bordo per una birra, per sdebitarmi in qualche modo della sua cortesia e per il piacere di due chiacchiere con un locale. Quando scende la sera, noto che le due sponde del fiume sono illuminate con file di luci verdi e rosse, a dritta e a sinistra, per segnalare il percorso alle imbarcazioni in entrata. Io sono a sinistra e l'atmosfera è un po' da Lanterne rosse, ma è bellissimo ed effettivamente è sparito tutto il traffico fluviale. Buonanotte e sogni d'oro!
Mi sveglio intorno alle sette, faccio il caffè poi vado in bagno.
«Toc toc», sento bussare sulla murata. Accidenti, proprio adesso!
«Chi è?», urlo dalla mia postazione. «Polizia», risponde una voce.
Mi do una sistemata ed esco in coperta. Mi fanno le normali domande di rito, poi mi invitano a passare da loro.
«Certamente», rispondo, «pochi minuti e arrivo» e torno alla mia precedente occupazione.
«Toc toc»
Di nuovo?
«Chi è?»«Autorità Portuale»
Peggio che in Italia: cento corpi di polizia diversi e sempre nel momento peggiore. Stesse domande, stesse risposte, poi mi chiedo io stesso: riuscirò a portare a termine l'importante e delicato compito che stavo diligentemente svolgendo? Non è detto, perché di buon ora sono ripresi l'intenso traffico di barchini e la conseguente onda a complicare le cose.
Faccio il giro degli uffici che mi attendono e trovo funzionari preparati e gentilissimi. Finite le pratiche, soddisfo volentieri l'incredulità dei graduati: «Ma veramente sei arrivato dall'Italia da solo fin qui?»
Io mi chiedo invece come diavolo farò domani, o quando sarà, a lasciare quest'ormeggio, perché con la corrente così forte, appena mollo lo spring che mi tiene, in un attimo sono addosso alle barche alla mia poppa. Nel frattempo, per non sbagliare, invito Daniel a bordo per una birra, per sdebitarmi in qualche modo della sua cortesia e per il piacere di due chiacchiere con un locale. Quando scende la sera, noto che le due sponde del fiume sono illuminate con file di luci verdi e rosse, a dritta e a sinistra, per segnalare il percorso alle imbarcazioni in entrata. Io sono a sinistra e l'atmosfera è un po' da Lanterne rosse, ma è bellissimo ed effettivamente è sparito tutto il traffico fluviale. Buonanotte e sogni d'oro!
Vicini d'ormeggio |
«Toc toc», sento bussare sulla murata. Accidenti, proprio adesso!
«Chi è?», urlo dalla mia postazione. «Polizia», risponde una voce.
Mi do una sistemata ed esco in coperta. Mi fanno le normali domande di rito, poi mi invitano a passare da loro.
«Certamente», rispondo, «pochi minuti e arrivo» e torno alla mia precedente occupazione.
«Toc toc»
Di nuovo?
«Chi è?»«Autorità Portuale»
Peggio che in Italia: cento corpi di polizia diversi e sempre nel momento peggiore. Stesse domande, stesse risposte, poi mi chiedo io stesso: riuscirò a portare a termine l'importante e delicato compito che stavo diligentemente svolgendo? Non è detto, perché di buon ora sono ripresi l'intenso traffico di barchini e la conseguente onda a complicare le cose.
Faccio il giro degli uffici che mi attendono e trovo funzionari preparati e gentilissimi. Finite le pratiche, soddisfo volentieri l'incredulità dei graduati: «Ma veramente sei arrivato dall'Italia da solo fin qui?»
«Beh, più o meno sì»
«Incredibile! E non ti annoi?»
No, in mare mai, ci sono troppe cose da fare. È a terra che invece mi capita a volte di annoiarmi, soprattutto in posti dove non ci sono altri navigatori con cui fare quattro chiacchiere. E in Mar Nero di diporto ce n'è davvero pochissimo, praticamente niente.
Passeggiando per Sulina si respira un'aria d'altri tempi. Essendo collegata con il resto della Romania esclusivamente attraverso il Danubio, per le strade ci sono pochissime automobili e qua è là mi sono imbattuto in trasporti di merce fatti con un carretto trainato da un cavallo. Le case sono basse, cinte da staccionate in legno, come a Paperopoli o a Topolina, e hanno tetti con la foggia tipica di questi luoghi, a volte in paglia o tegole, altre purtroppo in amianto; così tante da chiedermi come sia possibile non respirarlo. Spicca la cupola a cipolla di una chiesa ortodossa, sormontata dalla croce con doppio braccio e poggiapiedi e mi ricordo di aver letto che un paio di secoli fa da queste parti si sono uccisi fra di loro per stabilire come fosse realmente stata fatta la croce di Cristo: una questione teologica dirimente per la quale davvero valeva la pena di accopparsi. I pochi negozi hanno l'aria degli spacci di paese, quelli dove si trova un po' di tutto seppure in limitatissimo assortimento. Il retro della cittadina ha strade di sabbia che si chiamano freddamente Strada 1, Strada 2, eccetera, oltre le quali ci sono orti e campi coltivati a mais, in un atmosfera rurale che ha davvero un sapore antico. Camminando ancora mi imbatto in alcuni edifici più moderni e molto squallidi, condomini dai muri scrostati e dalle linee architettoniche divenute vecchie senza alcuna speranza di diventare mai antiche.
Per uno strano gioco di ingegneria acustica, mentre lungo il fiume c'è un gran via vai e conseguente rumore, qui c'è pace assoluta. Un anziano accovacciato davanti alla sua casa risponde sorridendo al mio cenno di saluto, una donna col fazzoletto in testa porta alcune buste della spesa da cui tracimano ciuffi di verdura a foglia larga, alcuni uomini sono intenti a riparare il fuoribordo di un motoscafo sollevandolo con un argano a mano, un gatto fugge via al mio passaggio, rifugiandosi dietro un muro. Dà una strana sensazione questo silenzio, è un silenzio da rumori artificiali, si sente solo il vociare delle persone, qualche cane abbaiare e un piacevole gracidare di rane di cui la notte si riempono le strade: è il brusio naturale della vita. La sera la gente passeggia per le vie poco illuminate, alcuni bambini si rincorrono, uno di loro cade e piange per un solo minuto, il tempo necessario a trovare la consolazione della madre. Alla fine andando in giro per il mondo ti rendi davvero conto che il mondo è ovunque tranquillo, fatto in maggioranza di persone tranquille, e che le generalizzazioni, se non le mistificazioni, dei mass-media, fanno unicamente il gioco di chi ha interesse a creare tensioni fra le genti. Un'upupa si alza improvvisamente in volo e va a nascondersi dietro una fronda, distogliendomi bruscamente dai miei pensieri.
Sulina sembra un shtetl, uno di quei villaggi dell'Europa orientale dove, fino alla metà del secolo scorso, risiedeva la popolazione di religione ebraica. La parola sthetl è un diminutivo del tedesco stadt che significa città. Una cittadina, quindi, e l'etimo tedesco ci ricorda anche che l'yiddish, la lingua che parlavano quelle persone, è appunto un miscuglio di ebraico e tedesco. Ignoro se qui abitino o abbiano mai abitato degli ebrei, ma ho davvero l'impressione di un salto indietro nel tempo. Si assiste alla rappresentazione di un modo di vivere che appartiene al passato e che altrove si è perso da almeno un paio di generazioni. Qui sopravvivono i fiumaroli, quelli che vivono sul fiume e dal fiume ricavano di che vivere, svolgendo i tanti mestieri legati ai corsi d'acqua dolce. Sul lungofiume incontro persino un calafato, un uomo anziano intento a pressare con un martello di legno della stoppa negli interstizi delle tavole di legno della sua piccola barca. Riusciamo a comunicare solo a gesti e mi fa capire che una barca nuova costa troppo e che per questo è costretto a riparare quella che ha. Alla fine è il denaro a muovere il mondo, a dargli la direzione, e la sua mancanza ha almeno il pregio di preservare gli antichi saperi, evitando che un gozzo di legno termini la sua esistenza ardendo in un camino, sostituito da una barca di plastica che diverrà vetusta in pochi anni e il cui smaltimento contribuirà a produrre quell'inquinamento che prima o poi finirà con l'uccidere il mondo stesso. Con la beffa di chiamare tutto ciò progresso.
«Incredibile! E non ti annoi?»
No, in mare mai, ci sono troppe cose da fare. È a terra che invece mi capita a volte di annoiarmi, soprattutto in posti dove non ci sono altri navigatori con cui fare quattro chiacchiere. E in Mar Nero di diporto ce n'è davvero pochissimo, praticamente niente.
Per le vie di Sulina |
Fiumaroli si nasce! |
Lo shtetl |
Il nuovo che avanzava |
Bravo' Mr. Luciano Livingston Piazza!
RispondiEliminaBV!!
Esperienza mistica. Prima o poi ti verrò a fare compagnia. Promesso.
RispondiEliminaIn Mar Nero però non si pesca...
Elimina